"Con l’adolescenza, il figlio bambino “scompare” prendendo le distanze dal rapporto con i genitori.
I profondi cambiamenti che ne derivano, portano spesso mamma e papà ad essere relegati in “panchina”.
Un figlio adolescente vuole fare da sé e sente che è arrivato il momento di poter gestire le relazioni della propria vita. Ciò non significa abbandonare il proprio ruolo di genitore ma vuoldire limitarsi ad osservare l’adolescente che cambia, scegliendo di stare un passo “dietro” la scena familiare.
LA SVILUPPO DELL’IDENTITÀ DELL’ADOLESCENTE
Secondo la teoria degli stadi esistenziali postulata da Erikson, l’adolescenza corrisponde allo stadio della “crisi d’identità”, la cui soluzione sta nell’abbandonare l’identità della fanciullezza e nel costruirne una nuova e più adeguata per l’ingresso nell’età adulta. La soluzione buona di questa crisi, secondo lo stesso autore, porta ad un’identità positiva e capace di perseguire finalità precise per sé e per la società.
Molti psicologi dello sviluppo non concordano con l’idea di Erikson che la ricerca di una propria identità implichi necessariamente una “crisi”, ma quasi tutti sono d’accordo nel ritenere che l’adolescenza è un periodo in cui i giovani adottano, consciamente o no, regole di comportamento tali da permettere il realizzarsi di questo passaggio.
L’acquisizione dell’identità implica un conflitto assai rilevante per la persona e si realizza nell’adolescenza e nella giovinezza, periodo in cui la dotazione biologica dell’individuo ed i processi intellettuali devono incontrare le attese sociali per una dimostrazione adeguata di funzionamento adulto. L’identità dipende dal passato e determina il futuro, è radicata nelle esperienze dell’infanzia e serve da base su cui incontrare poi la vita futura ed i compiti vitali connessi.
Allo strutturarsi dell’identità dell’adolescente contribuiscono oltre che la sua dotazione biologica, i vari ambienti di vita di appartenenza (la famiglia, i coetanei, la scuola..) e, in ultima analisi, l' insieme dei valori culturali che sono veicolati da questi microsistemi e che contribuiscono nel loro insieme a dare significato all’esistenza unica di quel ragazzo (macrosistema). In particolar modo, le relazioni con i coetanei diventano le più importanti in questo periodo e rispondono all’esigenza di autonomia. I contesti extrafamiliari consentono di “interpretare” ruoli diversi da quelli da sempre “recitati” in famiglia, ma anche di scoprire aspetti di sé che non avevano ancora avuto modo di emergere.
Il passaggio che porta alla formazione della nuova identità è esaltante ma nello stesso tempo doloroso perché il ragazzo deve scegliere una prospettiva esistenziale unica, sapendo trovare una sintesi armonica e originale dei vari aspetti di sé. Chi ha superato la crisi in modo positivo (con le parole di Erikson), ha messo in atto un’esplorazione efficace delle possibilità presenti nei diversi ambienti vitali ed ha assunto in loro impegni seri. In altre parole, è stato capace di prendere una direzione ferma sugli impegni e di rinunciare ad altre alternative di vita possibili e che sentiva altrettanto gratificanti."
Per continuare a leggere l'articolo